Vari episodi hanno progressivamente accentrato sull’immagine la venerazione dei fedeli
e nel Trecento la devozione nei confronti della Madonna di Cigoli doveva essere particolarmente intensa, dal momento che numerose fonti storiche coeve attestano pellegrinaggi effettuati in quel periodo. Il culto mariano, alimentato dalla fama dei miracoli compiuti dalla Madre dei Bimbi, ha trasformato la pieve di S. Giovanni Battista in uno dei santuari più conosciuti e frequentati della Toscana.
La costruzione di una cappella monumentale e preziosa, arricchita continuamente nel corso degli anni grazie alle elemosine dei pellegrini, è una ulteriore conferma.
La beatissima Vergine aprì miracolosamente il varco agli assedianti, i quali senza spargimento di sangue poterono cosi riconquistare il castello: tale inaspettata vittoria e la liberazione del Castello furono attribuite alla singolare protezione di Maria e in ossequio a Lei furono liberati tutti i prigionieri senza far loro alcuna violenza.
Questo episodio ci dà testimonianza del fatto che già nei primissimi anni del Trecento esisteva, se non il culto particolare che conosciamo oggi, certo una profonda devozione alla Madonna. Roberto Ciardi sostiene che allo stato attuale delle conoscenze non è possibile dire se l’evento sia veramente in relazione con la protezione offerta dall’immagine della Madonna di Cigoli, quindi giè esistente, o se quest’ultima sia stata realizzata proprio in quella occasione come simulacro votivo: ritorna qui la cruciale questione della datazione dell’opera.
Si tratta del Beato Giovanni Colombini, nato nel 1304 da una ricca famiglia di Siena, agiato mercante di lana, che in seguito ad una profonda crisi spirituale operò un cambiamento completo del proprio stile di vita, dedicandosi alla povertà volontaria, alla preghiera e alla penitenza. Predicò e si impegnò in opere di carità percorrendo città e campagne di Toscana, parlando della bontà del Signore e fondando l’ordine dei Gesuati.
Il suo biografo, Feo Belcari, ci informa che nel 1363, richiamato dalla fama delle grazie e dei miracoli realizzati per l’intercessione della Vergine di Cigoli, arrivò al Santuario in pellegrinaggio con i suoi compagni e sostò in preghiera, raccomandando alla Madre se stesso, i suoi compagni e la Toscana tutta, con evidente riferimento alle guerre fratricide che imperversavano nella regione. “Fecero la via del castello di Cigoli; e quivi con grandissima devozione fu discoperta loro quella graziosa figura di Nostra Donna”.
Il Sacchetti fa riferimento all’illustre icona mariana anche nella Novella CCXXX della sua raccolta narrativa, in cui il protagonista, Bate, un personaggio fiorentino devoto alla sacra immagine, è vittima di uno scherzo di amici che avevano inscenato un finto agguato contro di lui. Bate, che si era nascosto in un sacco per tutta la notte, aveva fatto voto alla Madonna di Cigoli che, se fosse sopravvissuto, non sarebbe più uscito dalle mura della città e per dare più consistenza alla sua rinuncia avrebbe mandato al santuario di Cigoli come ex-voto, un’immagine dipinta che lo rappresentava infilato in un sacco dove si era nascosto dalla paura.
Non dovevano essere pochi gli ex voto di questo tipo che fin da allora circondavano l’immagine della Vergine e che esprimevano visivamente la gratitudine dei fedeli per le grazie ricevute.
Il Sacchetti ricorda Cigoli anche in una sua lettera al perugino Jacomo di Conte, in cui sottolinea la fama di cui godeva il Santuario tra la gente di Toscana: la Vergine di Cigoli era amata molto già precedentemente all’immagine della SS. Annunziata di Firenze, databile poco oltre la metà del secolo.
Sempre le parole del Sacchetti indicano un proliferarsi di culti e santuari mariani sul finire del Trecento; da ciò si potrebbe dedurre che la rinomanza della Madonna di Cigoli si fosse un po’ offuscata, ma un evento miracoloso di là a breve ne avrebbe rivendicato la notorietà. Tra il 1399 e il 1400 un gruppo appartenente al movimento dei Bianchi fu richiamato a Cigoli dalla voce di una apparizione della Vergine a due veggenti, una bimba valdelsana di dieci anni e una giovane donna di Pisa: esse assicuravano che se tutti i fedeli avessero indossato la veste dei Bianchi e si fossero recati a rendere omaggio alla Madonna di Cigoli, il Padre Eterno avrebbe perdonato loro i peccati. I Bianchi, cosi detti dal comune abito bianco con cappuccio che indossavano, facevano parte di un movimento penitenziale laico, che attraversava la penisola flagellandosi e pregando per ottenere il perdono di Dio. Durante i pellegrinaggi avevano un codice comunicativo comune a tutti i penitenti (stesse vesti, stesse preghiere, stesse richieste di pace e salvazione), e nell’ambito di questo codice assunsero il Crocifisso come segno iconico: tale immagine sacra era posta a guida del movimento devozionale e su di essa venivano concentrate le attenzioni e le aspettative salvifiche dei presenti in preghiera.
Il fatto che quattromila Bianchi siano giunti al Castello in affollate processioni, alcune provenienti dalla Valdinievole e da Lucca, conferma il potere di suggestione di cui ancora godeva l’immagine in Toscana agli inizi del XV secolo. L’icona della Madonna di Cigoli divenne a sua volta uno strumento fondamentale per il rilancio del movimento dei Bianchi nella zona; infatti tali processioni, originarono altri gruppi di Bianchi a San Miniato, dove ancora oggi si conserva, nella Chiesa del Santissimo Crocifisso, una preziosa statua lignea della metà del XIV secolo raffigurante il Cristo Crocifisso, utilizzata durante le processioni, come riferiscono nelle loro cronache il lucchese Giovanni Sercambi e il pistoiese Luca Dominici.
Nella visione mariana che si offre alla bimba valdelsana e alla giovane donna di Pisa sembra rovesciato il normale rapporto che si instaura nel corso di un’apparizione miracolosa: “non è la visione che innesca la realizzazione di un simulacro che ne fissi e ripresenti i tratti che si erano potuti cogliere durante la manifestazione estatica; è l’oggetto materiale e già esistente che invita alla venerazione nel luogo dove è collocato”.
“Il culto della Madonna di Cigoli restò molto intenso durante tutta l’età moderna, fino alla metà del seicento circa, dopodichéha subito una flessione e il bacino di utenza è divenuto minore rispetto al passato, assestandosi su dimensioni locali.”
La cronaca ci dà testimonianza di numerosi voti fatti alla Vergine di Cigoli durante i primi anni dell’Ottocento: varie volte fu supplicata perché volesse impetrare da Dio la pioggia tanto necessaria per l’abbondanza dei raccolti, e ancora nell’agosto del 1835, quando si sparse la notizia che a Livorno era scoppiato il colera, accorsero ad essa le popolazioni in occasione della consueta festa dell’Assunzione per raccomandarle l’immunità dalle malattie.
Della devozione verso la Madre dei Bimbi in questo periodo parla anche Augusto Conti, nato a San Pietro alle Fonti di San Miniato nel 1822, filosofo cristiano e scrittore di pregio; nel suo libro Evidenza, Amore, Fede, descrivendo una passeggiata che compie in compagnia di un amico napoletano sulla ridente collina di Cigoli, ricorda la sua visita al Santuario con queste parole: ”Entrammo in chiesa, salutammo la benedetta immagine di Maria, alla quale un giorno dell’anno le donne di quelle vicinanze recano i loro figliuoli, perché la pietosa Signora narrasi che risuscitasse il fanciullo ad una povera madre”.
Da ricordare è poi la devozione di due importanti famiglie della zona, i Carranza e i Sonnino, le cui ville erano poste poco distanti dal castello, dove anticamente sorgeva il borgo di Fabbrica. Entrambe hanno negli anni più volte dimostrato il loro attaccamento nei confronti della Madre dei Bimbi. Nel 1867 la Baronessa Elena Sonnino della Rocca si era dilettata in una narrazione poetica ”d’un insigne miracolo operato dalla Santissima Vergine del rosario che si venera nella Chiesa pievana di San Giovanni”, narrazione poi ristampata nel 1901 per cura del pievano Luigi Cervelli.
Nello stesso 1901 il personale della tenuta Carranza, con compiacimento del suo padrone, aveva fatto invece a proprie spese erigere una balaustra che delimitava il presbiterio e l’altare laterale. I Baroni Sonnino a loro volta finanziarono a proprie spese la costruzione del pulpito. Le testimonianze di questi gesti oggi non rimangono più in quanto la balaustra e il pulpito sono stati successivamente eliminati per adeguare la chiesa alle nuove norme liturgiche.
Il vescovo Carlo Falcini in una lettera rivolta al clero del maggio 1911 esortava ai solenni e straordinari festeggiamenti che si sarebbero tenuti a Cigoli nel successivo mese di luglio: fu quello l’inizio di un glorioso ventennio di devozione in onore della Madonna: infatti dietro l’invito del vescovo in quell’estate del 1911 salirono al Santuario, in devoto pellegrinaggio, ben venticinque parrocchie e due istituti per un totale di circa seimila pellegrini, senza contare le numerose altre persone provenienti da ogni parte della diocesi, come ricorda una lapide posta sulla parete sinistra della chiesa, a lato del tabernacolo mariano.
Da menzionare inoltre la devozione dei soldati durante il periodo del primo conflitto mondiale. Molte furono le offerte inviate dai soldati dal fronte destinate come ricompensa per Sante Messe e preghiere davanti alla immagine della Vergine, molte le promesse di visita al santuario se la Vergine avesse risparmiato loro la vita nel conflitto.
Nel 1916 trecentosettantatre soldati del fronte, appartenenti a tutte le armi e provenienti da tutte le parti d’Italia, dal Veneto alla Sicilia, si posero sotto il patrocinio della Madonna di Cigoli e inviarono le loro offerte perché si indicessero preghiere speciali per la patria e per loro.
Mancava solo che la pieve, che aveva custodito fin dall’antichità la prodigiosa immagine, fosse onorata col titolo di Santuario dall’Autorità della Chiesa: si dovrà attendere fino al 21 luglio 1978 e sarà il vescovo di San Miniato, monsignor Paolo Ghizzoni, a dichiarare Santuario mariano la chiesa plebana di Cigoli.
La venerazione verso l’icona è tutt’oggi assai viva. Ogni anno il 21 luglio viene rievocato il miracolo del 1451: fin dalle prime ore della mattina molti sono richiamati dal suono delle campane e salgono al santuario, spesso a piedi, per rendere onore all’icona.
La devozione a Maria è qui ancora così profondamente radicata che la si può constatare attraverso i solenni festeggiamenti organizzati durante tutta l’intera settimana di preghiera che precede il 21 Luglio, con celebrazioni delle lodi alla Vergine, SS. Messe e S. Rosario.
Caratteristici della storia del santuario sono i pellegrinaggi, le tradizionali processioni che già dal Trecento accompagnavano devotamente l’icona, provenienti dai paesi del valdarno inferiore che ogni mattina all’alba aprono la Celebrazione Mariana a Cigoli; Oggi sono molteplici i pellegrinaggi annuali provenienti da molti paesi e città della toscana e da oltre il confine regionale.
Fino al XIX secolo l’immagine miracolosa era chiamata dai fedeli “La Vergine del Santissimo Rosario”, mentre durante le epoche precedenti era semplicemente “La Madonna”o la “La Vergine” di Cigoli .
La dedicazione “ Madre dei Bimbi” è piuttosto recente. Tale titolo è riferibile a quello che è considerato il miracolo più importante dell’icona, quello cui s’è già accennato, che avvenne il 21 Luglio 1451 rappresentato da Dilvo Lotti su una parete della cappella e in virtù del quale, questa immagine di Maria si specializza come protettrice dei bambini. I fedeli si rivolgono al lei per ogni difficoltà , ma di preferenza si recano per impetrare protezione e grazie a beneficio dei bambini piccoli; soprattutto le donne in gravidanza si rivolgono alla Madre di Cigoli, affinché protegga loro ed i figli al momento del parto.
La donna vigilava con diligenza e amore sul figlio quando un giorno, rientrando a casa per allattarlo, lo trovò senza vita. La donna, spinta dalla disperazione, pensò di uccidersi affogandosi nelle acque del vicino Roglio, un torrente affluente dell’Era. Uscì dunque di casa avviandosi verso il fiume per attuare il suo proposito, ma incontrò una giovane donna di nobile portamento, la quale, dopo averla amorevolmente confortata e dissuasa dal disegno suicida, la ricondusse a casa, assicurando che il figlioletto ero ancora vivo. Quando la giovane donna ebbe preso in braccio il bambino, il suo cuore riprese a battere, e la madre le chiese chi fosse. La donna disse di chiamarsi Maria e di abitare a Cigoli, fra Rocco e Michele.
Alcuni giorni dopo la Mainardi volle ringraziare la pia benefattrice e si recò a cercarla al Castello di Cigoli, ma ogni ricerca fu vana, poiché non trovò alcuna donna che somigliasse a quella da lei incontrata. Allora il preposto degli Umiliati, sentito l’accaduto, e illuminato da Dio, compreso chi ella cercava, la condusse in chiesa e le mostrò l’immagine della Madonna, nella quale la donna riconobbe la sua salvatrice. Disse di ravvisare perfettamente nei lineamenti del volto, nelle angeliche maniere, colei che aveva risuscitato il figlio e che l’aveva salvata dissuadendola dal suicidio. L’agnizione da parte della donna fu immediata, perché le fattezze del simulacro corrispondevano perfettamente a quelle della apparizione. “Ancora una volta il fatto miracoloso si rapportava alla presenza “fisica” dell’immagine.” Ai piedi della taumaturga immagine accorsero allora i popoli del circondario.
Fonte: CAPONI SARA – “La “Madre dei Bimbi” a Cigoli: storia dell’arte, storia della devozione”, Tesi di Laurea in Scienze dei beni culturali – Pisa 2008